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LE ALI DI TINA D'AGOSTINO
In un libro di poesia, il poeta, il vero poeta, gioca tutto se stesso: memoria, sensibilità, cultura…, ovvero la migliore parte di sé, quella intima in primo luogo e poi quella che guarda all’esterno, che coglie i momenti delle stagioni, il frastuono della quotidianità, il silenzio di cui sa cogliere ogni e qualsiasi sfumatura.
Anche Tina D’Agostino dimostra di possedere la gioia del dire e di ascoltarsi, del suggerire e soprattutto di mettersi in discussione, sempre e comunque, allo scopo di dare consistenza alle proprie idee, alle proprie emozioni, alle proprie delusioni e alle collaterali accelerazioni in direzione della luce.
Per farlo si è affi data alle ali del cigno, l’uccello che gli antichi celebravano come “uccello canoro” e della cui bellezza hanno scritto e parlato poeti e prosatori di assoluto prestigio.
C’è, nelle poesie di Tina D’Agostino, una vena di malinconica accettazione del tempo che ci sfugge di mano, troppo in fretta e senza che ce ne accorgiamo.
“Quando anche il mito / che erge l’uomo a nobile, crolla, / allora anche la speranza muore”, scrive proprio nella poesia che apre la silloge e che è dedicata al “lavoro che uccide”.
Poi, con un susseguirsi di momenti alti e vissuti o catturati dalla realtà, il fi lmato poetico tocca il declinare le speranze e mette in risalto situazioni non allettanti, anzi vicende legate alla fame, alle guerre, alle tante domande che rimangono prive di risposte concrete per quanti si attendono giornate di pace, di tranquillità, di serenità, di aperture affettive, di quella mano amica che significa condivisione, speranza, amore.
Tina D’Agostino traccia e scolpisce, con parole calde e che nascono da esperienze vissute o ascoltate e con il pennello della sua grande sensibilità, pensieri che invocano l’oblio; e lo fa, in questo caso, perchè (e lo dice speranzosa) “la tua compagnia / mi protegge, / perché il nulla / non fa soffrire” senza dimenticare, comunque, che dietro l’angolo c’è sempre il buio o quantomeno la penombra e che lei si sente piccola e fragile in attesa del resoconto di tutta una esistenza, di quel tramonto che la condurrà nell’Oltre (Un giorno vedrò Dio / su ali di pianto e paura / e gli racconterò di me / e dei miei timori...”.
Una poesia, dunque, quella che ci offre Tina D’Agostino, che parte dal profondo, che sa esprimere dimensioni fenomeniche del proprio io e coniugare spontaneità ed hmanitas illuminante.