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FRANCESCO ZACCONE NON C'E' PIU'
“Uomo di grande cultura umanistica, umile e cordiale con tutti, Francesco Zaccone ha raccontato per oltre mezzo secolo la sua Girifalco, in dialetto e in lingua, con la passione di un figlio devoto e sincero. Con la sua scomparsa il mondo culturale calabrese, specie quello legato ai ritmi e alla narrazione delle tradizioni popolari, perde una delle sue migliori espressioni”.
È quanto ha dichiarato Vincenzo Ursini, editore e presidente dell’Accademia dei Bronzi, dopo aver appreso della morte del poeta dialettale girifalcese che con la “Ursini edizioni” ha pubblicato tutti i suoi ultimi volumi, tra i quali il recente “Poveri verzi mia”.
Zaccone era stato, tra l’altro, il vincitore della sezione riservata ai dipendenti degli ex ospedali psichiatrici del premio di poesia “Alda Merini”, promosso dal sodalizio culturale catanzarese. Tanti sono stati i critici che hanno parlato della sua poesia.
“Leggere la sua corposa nuova raccolta di poesie, ha, sì, costituito per me – dice tra gli altri il giornalista Fulvio Castellani, friulano - una certa difficoltà, ma ad una seconda lettura mi ha entusiasmato per la bellezza delle immagini e dei contenuti, per lo stile che rinnova l’inconfondibile eleganza del sonetto ed in modo particolare per la capacità di coniugare alla perfezione l’andare del tempo, il ricordo di vecchie tradizioni e dei mestieri più umili, i volti della gente, l’ambiente caratteristico della Calabria e della sua Girifalco, la voce delle montagne e il silenzio, l’amore totalizzante, il segno lasciato dalle diverse popolazioni che si sono alternate sul territorio, la forza della gente nel guardare avanti, il desiderio di raggiungere una meta… Quadretti tipici, i suoi, che non si avvolgono a riccio, che non affogano nel trito e ritrito, che non fingono… Sono, al contrario, quadretti dalle tonalità alte che esaltano la sua “gente”, che non sa “de lagna” e che ricorda con nostalgia, “lu mulinu ad acqua”, la “trimoja”, “la matassara”, “lu stagninu”, le “carvunìari” che somigliavano a “pìcciuli furcàni”…
Zaccone ha usato un vocabolario assai ricco ed una altrettanto esemplare enciclopedia del vissuto popolare, ed i suoi versi non sono “poveri verzi”, (tanto per citare il titolo del libro edito da Ursini) ma una gamma autentica di momenti, di freschezza, di risposte ed anche di suggerimenti per i più giovani e non solo. Sì, perché dalle sue poesie fuoriesce un uomo dalla sguardo attento e meticoloso, un uomo che ha nel proprio “Io” la forza di dialogare a distanza con quanti amano veramente la propria terra e l’ambiente dove vivono, sia esso Girifalco e il suo immediato hinterland, oppure la poesia che nasce da ogni elemento della natura, oppure ancora dal fatto che la vita “è n’ùartu affàbila, fruttuòsu / cu sa, cu garbu, pemmu lu cortiva / sarà l’urtima sira vittoriòsu…”.
Come a dire, e non poteva essere altrimenti, che “tuttu, tuttu è poesia / curunàta de cànticu ‘mmortala”. Ora saranno certamente gli angeli ad ascoltare estasiati i suoi sonetti: quegli angeli ai quali egli si è sempre affidato nel corso della vita.